I cani possono fiutare le infezioni da coronavirus?


Sembrerebbe proprio che i cani riescano a riconoscere con estrema precisione le infezioni da coronavirus. Ma la scienza ci va cauta, affermando che sono necessari studi su ampia scala per arrivare a una risposta definitiva

(foto: Suzzamar/pixabay)

Che i cani abbiano un olfatto strabiliante non è una novità. Ma che riuscano ad annusare e identificare con una precisione quasi perfetta le infezioni da coronavirus sarebbe un risultato straordinario. Eppure, in tutto il mondo, sono sempre di più gli studi che raccontano questa grande abilità dei cani, stuzzicando in molti l’idea che gli animali possano effettivamente aiutarci a controllare la pandemia da Covid-19. Ma serve, tuttavia, ancora molta prudenza: la maggior parte di queste sperimentazioni, infatti, non è stata ancora sottoposta a revisione o pubblicata, e non è quindi stata valutata dalla comunità scientifica.

Tanto per rendersi conto, noi esseri umani siamo dotati di circa 5-6 milioni di recettori dell’olfatto, mentre i cani ne hanno ben 300 milioni, che consentono loro di rilevare anche le più minuscole concentrazioni di odori. Una capacità straordinaria che sfruttiamo già da tempo: basta pensare che i cani da fiuto, che vediamo spesso in luoghi come gli aeroporti, possono rilevare armi da fuoco, esplosivi e droghe. Ma non solo: i cani sono anche capaci di identificare alcuni tipi di cancro , malaria e altre malattie virali, anche se non è ancora chiaro quale sia il preciso meccanismo. Molti esperti, per esempio, ipotizzano che alcune malattie inducano l’organismo a rilasciare specifici composti organici volatili (Cov), le cui molecole evaporano per dar vita a un odore che i cani possono riconoscere.

Coma racconta Nature, nei giorni scorsi i diversi gruppi di scienziati che stanno lavorando con questi animali per capire la loro abilità nell’identificare il coronavirus si sono riuniti all’International K9 Team, una conferenza online che ha permesso di condividere i risultati preliminari delle diverse sperimentazioni. Dall’incontro è emerso che in diverse prove svolte negli aeroporti negli Emirati Arabi Uniti, Finlandia e Libano i cani hanno identificato i casi positivi al coronavirus giorni prima rispetto ai test convenzionali, suggerendo quindi che possono individuare l’infezione prima che i sintomi inizino. Nelle sperimentazioni svolte dai ricercatori dell’Università Saint Joseph di Beirut, per esempio, 18 cani sono stati addestrati ad annusare campioni di sudore di persone infette e a sedersi ogni volta che rilevavano segni di infezione. Da qui, i cani hanno annusato circa 1.600 passeggeri di un aeroporto, trovando 158 casi positivi al coronavirus confermati poi dai test molecolari. In particolare, secondo i dati non ancora pubblicati, sono riusciti a identificare correttamente i casi positivi con una precisione del 92%.

Nessuno sta dicendo che possono sostituire la Pcr, ma il loro aiuto potrebbe essere molto prezioso”, racconta a Nature Holger Volk, neurologo veterinario dell’università di Hannover, in Germania. Nel suo studio, l’unico finora a essere stato pubblicato, sono stati addestrati 8 cani su campioni prelevati dalle vie respiratorie di 7 persone positive al coronavirus e altre 7 in salute. I cani, spiega l’esperto, hanno identificato l’83% dei casi positivi e il 96% di quelli negativi.

Alcuni esperti, tuttavia, si sono dimostrati scettici nei confronti di questi risultati, affermando che il numero di partecipanti era troppo esiguo e che i cani avrebbero potuto imparare a identificare l’odore specifico dei campioni, piuttosto che quello del coronavirus. Sebbene, quindi, i dati siano promettenti, bisognerebbe confermarli su scala molto più ampia per poter valutare quanto i cani possano effettivamente aiutarci nel rilevare i casi positivi. “È importante non pubblicare troppo presto con grandi affermazioni e piccoli set di dati”, conclude James Logan, infettivologo della London School of Hygiene & Tropical Medicine.


Fonte: WIRED.it


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